Ho fame. Forse no
Arrivata alla stazione campo di marte mi sono diretta verso l’ingresso per prelevare dalle maledette macchinette una bottiglina d’acqua d’acqua che di più non posso prendere visto che sono a dieta e solo una volta arrivata a roma potrò mangiare qualcosa di nutriente ma poco grasso. La macchinetta è diabolica, come sempre e non si prende le monete che continua a ributtarmi nell’apposita vaschetta più in basso.
Niente da fare, devo rinunciare aspettando di salire in treno e di pagare quell’acqua il doppio o anche il triplo del valore di vendita. Lo so sono una sciocca perché ho dimenticato di portami l’acqua da casa, ma succede.
Mi dirigo nella sala di attesa, questo treno sfigato ma che costa come le altre frecce è sempre in ritardo. La sala è invivibile, troppi disperati cercano riparo dalla pioggia rendendo l’aria irrespirabile. “Guardo il binario e torno fuori” penso ottimista, ma stavolta Il treno batte ogni record ed ha già trentacinque minuti.
Guardo il monitor sconsolata, poi penso che arriva da Genova ed è già tanto che arrivi, tornerò sul binario in fondo piove poco e la temperatura è ancora mite, posso attendere su una panchina in mezzo al nulla, magari leggo qualcosa.
Scendo nel sottopasso e vedo un trambusto: quel signore coi capelli bianchi che era arrivato con un tavolino da pic-nic ha allestito una sorta di mensa volante e sta servendo con altri volontari una pietanza calda ai disperati che dignitosamente la tengono fumante tra le mani cercando un appoggio alla parete per gustarsela al coperto.
Mi allontano senza soffermarmi troppo, penso sia rispettoso nei loro confronti non stare a curiosare, anche se avrei voluto capire meglio chi aveva organizzato questo presidio e cosa stava servendo nelle ciotole fumanti.
Mi incammino verso il binario e penso alla mia fame e alla loro e trovo questo parallelo l’immagine eclatante della differenza tra chi teorizza che non ci possiamo più permettere questo welfare, sapendo che dopo interviste, articoli o comizi possiamo sempre tornare a casa, dormire al caldo ed avere anche la libertà di metterci a dieta, per salute o per vanità poco importa.
Penso a quanto sia facile tagliare sociale, sanità e scuola per chi ha la sicurezza di poter pagare tutto per sé e per i propri figli.
E mi rendo conto che sarà difficile spiegare, sarà difficile promuovere, sarà difficile far diventare centrali nel dibattito sulla democrazia le politiche di welfare, evitando che restino quella cosa che da decenni in Italia sì fa dandola sempre per scontata, senza misurare mai chi e quanto ne resta escluso, senza considerarla un diritto, il primo diritto civile, quello senza il quale una persona è privata del diritto di essere pienamente persona.
In Italia per molti sono solo capitoli di spesa, da confermare compatibilmente con le risorse di bilancio e molti italiani non rinuncerebbero ne,meno ad un pacchetto di sigarette o ad un café per assicurarne l’estensione.
Invece sono occhi, bocche, gambe, odori, storie…. Ed hanno fame.