Il PD non è un pallone ma un matrimonio!
Qualche giorno fa ho sentito Rondolino in tv parlare con leggerezza della positività di una separazione consensuale ho capito allora che gli spazi di dialogo si stavano chiudendo del tutto.Intendiamoci.
Sono ormai almeno due anni che dico alle persone esasperate che teorizzano l’uscita da “questo” pd che tra i renziani molti non aspettavano altro, auspicando l’abbandono come chi è infastidito dalla presenza di un ospite non gradito, ma mai, mai avevo sentito teorizzare con tanta noncuranza che se una parte del partito lascia… nessun problema.
Poi sono venute le primarie francesi e di fronte alle dichiarazioni di tutti i renziani “di ferro” che brindavano al risultato del “nostro amico Macron” mi sono permessa di far notare che questo signore ha lasciato il partito socialista francese ed ha fondato un partito centrista tutto suo con il motto “en marche!” Puntando a candidarsi contro il partito socialista francese e Hamon il candidato uscito dalle primarie.
Qualcuno mi ha chiesto se pensavo possibile che Renzi volesse fare lo stesso: ho detto con chiarezza NO, Renzi si porta via il PD dentro una strategia come quella di Macron che punta al centro e a tagliare fuori la sinistra.
Se avevo qualche dubbio il cd emendamento Bonifazi è una certezza: il simbolo ostaggio di un fedelissimo è la conferma che mentre Renzi cerca lo scontro finale con la sinistra del PD non per sancire a chi venga affidata “protempore” la guida del partito, ma per portarsi via il pallone, intanto il pallone lo mette in cassaforte (che tanto è stata desolatamente svuotata dalle mega campagne di comunicazione e dalle operazioni suicide su l’unità).
Quindi la guerra finale, come accade nelle peggiori famiglie perché tre anni di provvedimenti che hanno forzato a suon di voti di fiducia parlamentari eletti su un programma assai diverso non sono bastati (dicono alcuni renziani quasi stizziti) a far capire ad una parte del pd che se ne doveva andare.
Nemmeno i pasdaran in carne ed ossa o i fake sui social che che gridavano andatevene, avete rotto, non vi vogliamo, o così o niente, hanno fiaccato la passione di tanti sinceri democratici per questo progetto politico che abbiamo voluto, costruito, alimentato conoscendo bene i limiti della fusione a freddo ma scoprendo anche che col tempo lavorando insieme la fusione era avviata e ci potevamo dividere sulle idee ma non sulle provenienze e che la divisione sulle idee era temporanea e non implicava vincenti che si prendevano tutto e perdenti che se ne dovevano andare.
Non era perfetto questo PD ma io che ci sono stata più in minoranza che in maggioranza mi sono sempre sentita a casa, sempre libera di partecipare con le mie idee anche quando sapevo che tendenzialmente ne prevalevano altre, ma sempre convinta che in una qualche misura il dialogo c’era e nessuna decisione sarebbe stata presa “a prescindere”.
Oggi siamo qui… a pochi minuti dall’avvio della assemblea nazionale e dopo l’incontro di ieri che segue quella straordinaria giornata di domenica a Firenze in cui in molti ci siamo adoperati perché ci fosse un passo in avanti e il superamento dei personalismi per condividere una critica ed una proposta a questo PD e a Renzi.
Ma in questi giorni non ho potuto fare meno di pensare ad un film che tutti noi conosciamo… e che ci fa sorridere quando lo guardiamo benché contenga un inquietante monito “fermatevi”
Ecco allora che quel fermatevi diventa più chiaro: non un prendere tempo fine a se stesso, ma il darci il tempo per una bella terapia familiare.
Non è un problema di date.
Chi lo vuole ridurre a questo continua a giocare su una narrazione che delegittima l’interlocutore: nessuno vuole sfuggire ad un congresso che sancirà un nuovo segretario pro-tempore, ma al contrario la richiesta è quella di darci i tempi per ricostruire e condividere una cornice unitaria dentro alla quale si può essere temporaneamente minoranza o maggioranza ma non per questo fuori o dentro il partito.
Per questo apprezzo gli appelli all’unità sottoscritti da tanti parlamentari della maggioranza più o meno renziana, ma ad una condizione: che non suonino come la raccomandazione che i parenti a volte fanno alle mogli picchiate dal marito.
No signori miei: si resta insieme e si sopportano anche alcune note caratteriali per il bene della famiglia, solo se il marito violento smette di essere tale, se insieme facciamo una bella terapia, se impariamo che si può decidere insieme cosa è bene per la famiglia e come tenere insieme le esigenze dei diversi componenti della stessa.
Non è insubordinazione, non è ribellione è amore per il nostro PD, perché resti di tutti e di tutte
Buona giornata